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giovedì 30 dicembre 2010

Camera 115 - Il battito


Lasciami ballare
la notte prossima (e perchè non per sempre?!)
Lasciami ballare...


7 gen 2010

Niente musica, invece.
Il resto della storia è una delle tante storie. Non è la mia, solo una di quelle a cui lavora Mrs QT, una storia confusa e convulsa, al momento, che quando mi passa il materiale diventa difficile dargli una forma, qualsiasi.

...No need for anything but music
Music's the reason why I know time still exists
Time still exists
Time still exists
Time still exists...

lunedì 22 novembre 2010

Camera 1109 - Privato

Che poi dovrebbero esserci dei differenti modi di riporre ognuno.
Che a me questa cosa qui (quella proprio qui che sta davanti ai miei occhi intendo) non mi convince affatto.
Tutta questa durezza, la rigidità, il freddo, l'assenza di colore anzi questi colori da dragqueen (e sarà che il cielo di oggi piange sommessamente e sarà pure che il cielo mi vuole bene e piange lui per non vedermi piovere) che invece, almeno, io ci avrei messo un pannello di legno grezzo e una sottile mensola con dei barattoli di vernice e dei pennelli con i quali ciascuno che ne avesse avuto l'animo ti avrebbe potuto lasciare addosso il suo morso (di quei morsi da cuccioli) di colore...un segno una carezza.
Tutta la tua materna morbidezza (che quando mi abbracciavi mi piaceva assai) com-pressa in una scatola di legno e con-tenuta da mura tra cemento e marmo dagli occhi vitrei. 
Ma poi, chissenefrega! Tu in realtà te ne sei andata via in una bolla di sapone...leggera e aggrazziata (come voleva la tua mamma), con un abito in seta cobalto, scalza.
E sei scoppiata nell'Universo e volteggi (leggera e sei bella!) ed io ti guardo e vorrei ancora poterti Dire (e Ascoltare).
Mi sono rimaste in gola un pò di cose (non ne ho avuto il tempo o il coraggio) e mi è rimasto il tuo sguardo e la tua morbidezza esteriore che ancora cercava comprensione.
E mi sono rimasti i  tuoi disegni sui blocchi dell'ufficio...occhi, quasi sempre disegnavi occhi. Occhi bellissimi e sensuali, lo sguardo che trapanava tra ciglia folte e lunghissime.
Ho pure una sciarpa e un libro e i biglietti che mi scrivevi, timidi.
E le tante parole di dolore che ci specchiavamo anima-con anima e la tua forza selvaggia (e la passione e il desiderio ed il movimento) chiusa a chiave nel cassetto. Sotto una coltre di caramelle.

"Le donne d'oggi non sono mai contente: vogliono tutto..."...ricordi e sai, vero?!

Non ci sei piu'.
Eppure sei ancora qui. E sono certa che stai sorridendo per me che ho trovato la chiave ed il mio cassetto l'ho aperto (e non ti commuovere che poi piango anche io...) e sto tirando fuori intuito resistenza amore tenace sensibilità ascolto sottile istinto passione e forza.
Tu sei nell'aria e nel vento e sono certa che ci sarai (anche tu...)a darmi un calcio nel  fondoschiena quando la tentazione di sepellirmi nuovamente sotto uno strato di multicolori caramelle mi prenderà (che lo so già che mi prenderà ma tu picchia forte eh?!).
Raccolgo queste foglie di quercia, la pioggia ci ha concesso una pausa. Affondo un pò in questo odore di morte che poi è vita pure (che pullula nascosta in questa terra e nella mia terra calpestata e invasa ma ancora fertile).

Vieni qui, come ti pare?!...Fermati un pò e goditi quell'orgasmo che hai sempre sognato...c'è lui(dev'essere lo stesso del poster sul muro di cui ti raccontai)...guardalo forte negli occhi mentre ti avvicini -e si avvicina-... e quando stai venendo (e andando) intorno a lui, intreccia le tue mani alle sue e ascolta l'Universo che ti esplode dentro e ti porta via-via-via...dove tutto è Bellezza...

lunedì 13 settembre 2010

Camera 114 - With-out

Una stanza vuota.
Enormemente vuota.
Fuori dalla porta un cuore appeso con un nastro verdebosco.
Un cartoncino ruvido scritto a china dice:

"Sono uscita a comprare il pane"
Anzi...
Pane.
Acqua.
Caramelle.
(ciò che manca ancora lo troverò sulla strada)


PS: E' solo un modo come un altro per dire che non ho piu' nulla da dire (questo è l'altro modo). Un cuore non è un oggetto adatto ad essere appeso, finisce che si sforma tutto e ti trovi un ventricolo a forma di totano e l'altro a forma di labbra di lilligruber (che non son cose belle). E poi i vicini che si lamentano per il sangue che cola sul pianerottolo (nonostante faccia sempre attenzione e ci passi col mocio piu' volte al giorno non c'è verso: ho un cuore che pompa sangue alla grande!) e loro che scivolano e si imbrattano i calzoni di barberri (che mica lo sgocciolamento di cuori è contemplata nelle garanzie operanti nella polizza condominiale poi...).
 Già. Son brutte cose...







lunedì 9 agosto 2010

Camera 113 - La stanza bianca

Tu che parli al telefono e intessi le trame che vuoi (come sai farlo bene...). Poi arrivi.
Entri in questa stanza in una penombra di luce riflessa da chissà dove. Tre letti sono disposti con la testata addossata alle tre pareti attorno.
Seduta a terra, io. E tu ti avvicini. Ed io guardo i tuoi occhi con le loro mille vite a fargli da cornice e tu che sei piu' vicino.
Vicino.
Vicino da toccarmi.
Avvolto nel silenzio ti inginocchi e io ti scivolo tra le braccia, aderisco al tuo petto, respiro il tuo odore che già si confonde col mio e le parole che avevo si diluiscono fino a dissolversi nel desiderio del solo essere-con-te, semplicemente.
Eppure devo uscire (incomprensibilmente ma devo).
Un lungo corridoio che svolta a sinistra e due porte che si specchiano. In una ci sei tu papà, in un letto che riluce nell'oscurità della stanza, candido. Sei tu come l'ultima volta che ti ho visto, solo che il letto stava sulla sinistra col comodino grigio a fargli da accento mentre adesso il letto sta nel fondo della stanza nell'angolo a destra. Tu hai lo stesso sguardo che dice che stai bene che non stai soffrendo e che guarirai e mi sorridi ed io mi fermo sulla soglia a guardarti assorbendo la tenerezza che dai tuoi occhi si riflette nel biancoperfetto e mi si rovescia addosso avvolgendomi completamente.
Proseguo, devo, ed entro (è necessario). C'è una donna vestita di bianco ma è un bianco che smarrisce, un biancoassente. Apro il palmo della mano sinistra e vedo una vena blu nella quale la donna infila un grosso ago che affonda  e affonda a lungo dentro di me appropriandosi del mio sangue mentre il dolore sale dalla mano per scorrermi fin nella colonna.
Torno da te che mi aspetti nella prima stanza, in penombra. E sei sopra di me fremente e per un attimo mi dimentico e sento solo fino a dissolvermi nella bellezza perfetta di  questo momento.
Fino a che vedo i tuoi vestiti farsi di fiamma, rossi e del sangue scorrere dal tuo fianco.
O dal mio.

venerdì 23 luglio 2010

Camera 112 - La Ruota del Cambiamento

-Ho un'offerta da farti-
-Ah. E che tipo di offerta?..(oddio sarà mica una cosa tipo -dai-vieni-in-chat-mi-piaci...) Spara!-
-Pensavo...-
-(Oh Diodelvirtuale fai che sia come sembra: una persona interessante e vitale e strabordante di cose da dire!)...eh...cosa pensavi Andrea?!
-Sai, abbiamo parlato spesso di cambiamenti, di come si arriva ai grandi cambiamenti (ma anche di come si portano a casa i piccoli cambiamenti)-
-Vero...in particolare dei miei cambiamenti e di come i miei e i tuoi e gli altrui cambiamenti si muovono seguendo delle fasi...così dicevi, vero?-
-Esatto! Quindi scriviamone insieme: ecco la mia proposta!-
-(Scrivere?...eh no! non so scrivere proprio non lo so fareeee....Insieme? Ma và dai! Non sono capace!)...Dai, Andrea...e come si fa?...Non credo di esserne capace...-
-Piccola Fiammiferaia comincia a pensare ed eccoti il titolo "La Ruota del Cambiamento"-


Prefazione ad un esperimento di scrittura a quattrozampe (quelle pelose sono di Andrea, si sappia!) è stato assai divertente ed ha toccato un tema che il buon Andrea sa bene quanto bene rappresenti il mio vivere attuale. Lo riporto in questa stanza in questa mattina che prelude ad un giorno soffocante in cui mi guardo le unghie e mi dico che non ho piu'' voglia di fare il criceto.







mercoledì 14 luglio 2010

Camera 111 La Posta del Cuore

E' confusa e sottosopra.
Marina, si chiama Marina. 
Ha 38 anni e fa la casalinga da quando si è sposata. Nel 1995 lavorava in una importante società di marketing ma lui non voleva che lei lavorasse -non pensi che sia meglia stare coi tuoi figli?- e lei rispondeva -hai ragione...-. Così imparò a ricamargli le cifre sulle camicie (P.S.), a cucinare, stirare in modo impeccabile, fare il soufflè (che è proprio una cosa da gran-signora), cucire gli orli ai pantaloni e altre amene specialità per sbalordirlo.
Gli anni l'anno vista svuotarsi per fare posto ai suoi  contenuti. Per aderire al suo modello. Per sostenere tenacemente una parte.
Questa sera è qui. Vuota, davanti ad una tastiera. Dei pensieri (assai confusi) le volteggiano attorno. Non saprebbe definirne la forma: sono corvi o farfalle?!
Decide di scrivere alla redazione della sua rivista femminile preferita: Moglie Moderna.


Cara Posta del Cuore,
sono una donna confusa e vorrei un consiglio da te che ogni settimana su questa magnifica ed imperdibile rivista dispensi a profusione consigli a noi cuoricini titubanti...
Vivo in un bel paesino delle Marche, in una bella casa con un annesso appezzamento di terreno in cui mi diletto a coltivar alberi da frutta, per le marmellate che faccio con le mie manine e che a mio marito e ai miei bambini piacciono tanto tanto e anche verdure varie per il passatino di verdura e aromi per il brodo e l'arrosto ripieno e cose così. Mi piace occuparmi delle piante mentre mio marito in casa guarda alla tivu' il calcio o il rugby o la boxe o il nuoto o il baseball o il golf o la pallavolo o il badgminton o la pesca di storioni o il tennis o la vela o il fioretto o....lo sci.
Si, mi piace proprio stare con le mie piante.
Amo i miei bambini e la mia vita coniugale pensavo fosse perfetta io, i miei bambini e il mio cucciolone innamorato (è il nomignolo di mio marito!!!) passavamo dei bei momenti insieme, si parlava spesso.
Lui dal salotto mi urlava -amoree la birra, l'hai comprata la birra....cazzoooo non la trovo!-
Ed io dal giardino mentre estirpavo erbacce  - ma cucciolone innamoratoooo è nel ripostiglio accanto all'olio-
E lui, con un sorriso innamorato-atoato (lui mi guarda sempre con quello sguardo innamoratoatoato) -..grrrr...portamela che è quasi la fine del primo tempo, cazzo!" (ed io quando sento la sua voce tenera dirmi quel gioia non restisto) ed inginocchiata con le mani nella terra mi alzavo, toglievo i guanti, percorrevo il vialetto, mi cambiavo le scarpe, scuotevo dal grembiule e dalle gionocchia la terra, mi ravvivavo i capelli entravo in cucina, percorrevo il corridoio, accendevo la luce, setacciavo i prodotti sullo scaffale ed -eureka!- agguantavo la birra e ravvivandomi nuovamente i capelli tornavo in corridoio e svoltavo a destra verso il salotto dove tu stavi morbidamente acciambellato sul divano.
Io, un sorriso raggiante cucito sul volto -cucciolone mio ecco la tua birra-.
..........-nooooooo cazzooooo l'avevo detto che Ferrara non capisce un cazzo! A vendere budini lo devono mandare. ma a calci inculo............- (nel mentre arpionava la lattina e se la ingollava).
Si, vero! Un uomo di poche parole il mio P. (uso solo la sua iniziale per non farmi scoprire, sà) ma tanto tanto innamorato ed io pure e ci capivamo alla perfezione anche senza parlarci...proprio tanto innamorati-ati-ati.
Ma ora ho delle incertezze perchè in paese hanno aperto una piccola erboristeria. 
E' un negozietto angusto, vi si accede da una robusta porta di legno, devi spingere forte e appoggiarti quasi col corpo su di essa per entrare. La luce è calda e soffusa e predomina il profumo di muschio bianco, inebriante.
E c'è lui, Vi (non dico il nome completo sempre per non farmi scoprire) ...è un uomo alto dalle larghe spalle e mi parla della passiflora incarnata e dei suoi effetti sulla tachicardia, delle radici di rhodiola per la tristezza, dell'olio di rosa mosqueta perchè il viso sia luminoso e....io ascolto la sua voce (dall'accento partenopeo ammaestrato) scivola addosso e si insinua in ogni infinitesimale vuoto attorno a me ed io starei ore ma anche mesi o anni o la vita intera ad ascoltarlo, immersa nei suoi occhi scuri attorno ai quali si dipana una mappa di piccole rughe che aggiungono significati ai suoi sguardi.
E l'altro giorno, proprio per mostrarmi come si stende l'olio sulla pelle (così ha detto lui), mi ha preso la mano e l'ha cosparsa d'olio, scorreva coi polpastelli il dorso della mia mano quando il suo palmo intero dal polso mi è scivolato sul dorso e le sue dita si sono intrecciate tra le mie. Perfettamente.
E i suoi occhi si sono impiantati dentro i miei.
Perfettamente.
E io...
ho preso
il sacchetto
della spesa
ho cercato
di inghiottire
la saliva
e sono  corsa
col viso in fiamme
verso
casa...
...mi attendevano le mie amiche per il the...

Così, mentre fingevo di chiacchierare con le mie amiche e ridevo alle battute della  simpaticissima C. ed alle storie dei suoi amanti (lei si che piace tanto agli uomini!) guardavo il mio cucciolone immobile sul divano con la sua birra in mano, silenzioso come un cactus ma così innamoratoatoato e mi sentivo in colpa per aver sentito il cuore tremare insieme alle ginocchia mentre Vi intrecciava le sue dita tra le mie e i suoi occhi si conficcavano nei miei.
Forse devo smettere di curarmi della parte dell'orto in cui coltivo le erbe officinali. 
Forse...
Però ogni volta che passo davanti a quella porta di legno robusto mi tremano le ginocchia.
Cosa devo fare? Mi aiuti lei...

Dubbiosatremante66

domenica 4 luglio 2010

Camera 107 - Le cose che non dici nè dirai

E' un viaggio in rewind, ad un tempo lento e suadente, al quale tento di oppormi. Ma sono stanca, tanto, e così lascio, lascio che si riapra il sipario su quella mattina preceduta da lunghi giorni di attesa fatti di silenzi e fardelli dal contenuto ignoto che mamma mi mostrava venendomi incontro col passo incerto ed il volto grigio e quel peso sopra di lei che era solo roba mia.  

Stamane era il suo turno. Via una, sotto la prossima. 
Una l’aveva vista un paio di giorni addietro, usciva dall’ascensore, tra tubi e flebo e strani aggeggi. Gemeva e piangeva e… “datemi la morfina!” 
La paura le si era posata addosso come una mortale brina. Andava via, da sola, tenendosi alla bicicletta che aveva lasciato a casa, parcheggiata in cortile...-Papà, dove sei papà...- mentre loro la strappavano via da tutto.
Un piccolo dolore pungente, il preambolo della sua resa. Metallo sul linoleum e lei che scivola, scivola in un cielo di neon e fuliggine seguendo con la coscienza a rotelle l'orlo del baratro.  

~ecco la tua bicicletta tirata a lucido, Stella~  

Persone senza volto la sollevano, leggera, bambina tutt’ossa e bicicletta. Affaccendati tra arnesi metallici, strani macchinari, ferri, fili,tubi e aghi, ridono e parlano a voce alta, gesti meccanici li accompagnano. 
Uno degli uomini senza volto parla, una voce che punge “Oh, sentite questa: Carabiniere in un negozio : vorrei un portafoglio impermeabile. "Perche' ?" "Per metterci il denaro liquido!"... Le risate rimbalzano sui muri e le scoppiano addosso come i palloncini fatti con i chewingum quando ci si lascia prendere dalle manie di grandezza. Loro giocheranno con la sua vita, adesso e lei spera solo che si fermino al momento giusto, con la bolla tesa e baldanzosa (pronta ad offrirsi agli ammirati sguardi altrui) e il sangue nelle vene e i sensi accesi. 
E' un terremoto nell'anima che arriva in superficie producendo un soffuso movimento, incontrollabile. 

~ il sellino è di cuoio e ti ho sistemato i  copriraggi~ 

Tutto è grigio-acciaio. E figure bianche e verdi senza un volto. E neon.  
Uno senza volto le alza un braccio, lo tasta un po’ poi lo ripone. Alza un piede ora e le schiaccia le dita. Occhi perplessi e “ma  perchè hai le unghie viola?!” 

Se riuscisse soltanto a scollare la lingua dal palato gli direbbe che viola è l'abito in lino che ha comprato qualche settimana prima (o forse mesi o anni o in un'altra vita?!) dopo aver disegnato traballanti percorsi sui sanpietrini da Baggio a via Dante aggrappata alla Vespa guidata da una bellissima amazzone, sua sorella. 
E viola sono le sue ballerine in raso con cui aveva corso nel corridoio dove c'era la classe di  Luigi arrivandoci in scivolata con gesto atletico alla Platinì per accogliere l'ovazione dei suoi occhi.
E viola adesso erano le sue unghie mentre lui faceva domande idiote e lei vacillava, il suo sangue  invaso da milioni di gocce che si infilavano in lei per ghermire la sua coscienza.  E“perchè?!...
Perchè sono qui...
Perchè fa così freddo
Perchè non ci sono biciclette qui
Perchè questo dolore
Perchè...”.  

~ e che ne dici del cestino di vimini come piace a te?!~

  Ora possono prendere possesso di quello che è diventato roba loro, per qualche ora. La voltano per creare una pagina nuova nella sua vita. Tracciano linee che stabiliscono nuovi assetti, mettono da parte i Carabinieri (e lei che è assente ma è tra le loro mani spera di certo che non siano passati a Pierino e la sua mamma o ad un italiano-un-inglese-e-un-tedesco) e incidono la sua pelle con un gesto deciso e continuo, spingendo con fermezza. Una lunga scia di sangue sgorga e scivola via e porta via con sè il passato, le corse, i salti , i pattini a rotelle, le capriole e il mambo. 
E' una gara con Madre Natura in cui gli UominiSenzaVolto hanno la meglio su Madre Natura quando parecchi tempi supplementari dopo, al suono soffuso da folla in attesa del goal decisivo, compare sul tabellone il risultato:  

UominiSenzaVolto 1 – Madre Natura 0 

Apre gli occhi e accanto al letto c’è una sedia, una linea grigia all'orizzonte e sua mamma distante, li accanto. Cerca di inghiottire, vorrebbe parlare ma fa tutto male. Anche le parole. 
Se potesse le direbbe che vorrebbe le strappasse il dolore d'addosso con teneri baci e avvolgenti carezze, come farfalle, a passarle dolcemente tra i capelli. Se potesse le direbbe che vorrebbe ci fosse lui col suo odore di tabacco  a chiamarla Stella e le sue ruvide mani a  stringerla e poi sollevarla da quel letto e portarla via. Lontano.

giovedì 3 giugno 2010

Camera 106 - Percorsi a ritroso

Che poi ogni volta che arrivava venerdì mentre mi lasciavo trasportare a casa, ecco in quel mentre esatto, sentendo l’aria (vera aria) sul viso e tutt’intorno quei suoni di clackson ed il ronfare di motori e persone (tante) che sembravano seguire un percorso disegnato con una linea che solo a loro era dato vedere, ecco dicevo, proprio in quel momento, mi ricordavo che esisteva un mondo attorno alla mia stanza.

Un intricato reticolo di persone e cose in movimento in cui tutto potrebbe finire in un gigantesco groviglio: grovigli di autovetture e autobus fumanti, incastri di chi cerca di infilarsi in ascensore e da dentro spingono mentre chi sale si scontra con chi scende facendo ruzzolare qualcuno e provocando uno scazzottamento che finisce in latteria dove c’è chi beve il cappuccino ordinato dal signore accanto che si arrabbia agguantando l’ombrello della nonnina per darglielo in testa e potrei andare avanti all’infinito se non fosse che, è chiaro, anzi lampante che qui nel mondo “vero” ognuno sa cosa fare.

Esattamente cosa e dove e come e quando Fare. Perché tutto fila e si incastra a dovere, ognuno cammina seguendo la sua striscia immaginaria sul selciato, sulle scale, nei cortili, nei parcheggi. Qualcuno a volte forse per sbaglio o per gioco o per chissà-cosa (amore?!) decide di prendersi una vacanza dal suo percorso immaginario e lì son casini: rumori di ferraglia o urla e porte sbattute o lanci di vestiti da balconi e cassetti svuotati per  far posto.

Comunque, qui nel mio mondo vero fila tutto liscio, talmente liscio che mentre mi tengo per attutire i colpi (che gli ammortizzatori hanno tirato le cuoia) mi domando se avrò anche io una linea da seguire a testa bassa  oppure non avrò mai un posto mio e volteggerò disegnando ghirigori e incrociando percorsi altrui per farli un po’ assieme.

Persa temporaneamente nei miei percorsi immaginari mi ritrovo sotto casa. I cespugli di rose e i gerani alle finestre e…vorrei restare qualche ora qui a elencarvi tutti i fiori e le piante del mio giardino almeno fin che fa sera così da evitarmi l’imbarazzo dei minuti i-n-f-i-n-i-t-i che andranno dall’apertura dei portelloni qui davanti e la deposizione della mia salma vivente nel mio letto con quel pietoso appoggiarmi negli occhi corone di saluti dei vicini di casa (imbarazzati quanto i miei cenni e le mie parole smozzicate) .

In rigoroso ordine di apparizione:
Peonie
Felce
Rose Tea
Rosa canina
Alloro
Edera
Rosa Candlelight
Magnolia
Camelia
Portulacca
Campanule
Gerani 

Aposto: eccomi qui!
Mamma sistema la tele della cucina sulla mia scrivania e il copriletto di vellutino a quadretti blu, celeste e bianco ai piedi del letto “Allora! Tutto bene?!”…

Per rispondere avrei bisogno di un altro elenco per superare altro imbarazzo (o forse vergogna che poi sono simili e tu mamma ne parli spesso e…), sorrido leggera sperando in un diversivo che mi venga in aiuto (non so, qualcosa del tipo un colpo di vento improvviso e la finestra che sbatte e il vetro che cade in frantumi e non abbiamo ancora l’aspirapolvere oppure un Testimone di Geova bello come Brad Pitt e dal carisma di Barak Obama che citofoni convincendo mia mamma ad ascoltare tutto l’elenco di disgrazie a cui sarà sottoposta se non si geovizza).

-Mamma…acc…il lampadario dondola…-

-Santosignore…non sarà un terremoto!-

-to-be-continued

lunedì 31 maggio 2010

Camera 105 - L'i-sola

Credo che quella sensazione di perenne instabilità che mi porto dentro venga da lì.
 Da quel sali scendi che si accendeva il lunedì mattina e si spegneva il venerdì pomeriggio, nella mia camera da letto.
Venivano a a portarmi via, loro mi imbragavano sulla barella e mi portavano giu' scale scale, una specie di ruzzolare controllato (secondo loro) che si fermava in posizione orizzontale a bordo strada dove con un gesto brusco mi infornavano in quel contenitore con le ruote.
La stanza era luminosa e asettica o dovrei dire che era luminosa e artefattamente familiare, in realtà c'era nella scelta dei colori e dei materiali un grossolano tentativo di travestire le stanze in qualcosa di vagamente simile a comuni stanze da letto. I toni si giocavano tra il noce e il carta da zucchero e alle pareti grandi poster con fotografie di cuccioli (gattini arruffati in una cesta di vimini immersa in un prato ma-gni-fi-co e una bimbetta paffuta seguita da una scia di papere che si facevano strada giulivi verso l'interno di un bosco che era un incanto), le stanze si specchiavano gemelle lungo un corridoio che finiva in un  grande salone, l'ingresso con i due ascensori che durante lo svolgersi della giornata cambiava assetto fino a trasformarsi verso il tardo pomeriggio in un proscenio con un sipario metallico. Con due occhi nocciola pronti a strizzarsi verso il cielo (pronti, sempre pronti...)
Luce rossa (Qualcuno! Qualcuno che sale!)
Piano T 
Piano 1
(...BUM-BUM-BUM.....tieniti il cuore, spemilo tra le costole e fingi che stai fissando quella crepa lì nell'angolo del muro)
Il cigolio si fermava seguito da un improvviso colpo metallico (da mannaia) era questo il fragore dell'attesa che ci trovava con gli occhi appesi a quelle porte.
Fino all'apertura...
(Qui c'erano due possibilità dalle quali si decideva l'andamento del resto del pomeriggio, il calcolo delle probabilità dava molte piu' possibilità di esaudire i propri desideri che non giocare al Lotto, era come puntare su Rosso e Nero...cinquantapercento di possibilità di spalancare gli occhi e far risalire gli angoli delle labbra all'insù e dare forma a dei bottoncini  nelle guance oppure di schiantarsi contro la faccia di suor Giuliana -che non era proprio una santadonna ma ve lo racconto in un'altro momento- o del dottor Pascale o della mamma di Mario o della mamma di Serenella o della mamma di chiunque ma...non della propria -è inutile che ti dica che era come aver puntato un milione di trilioni di euro su rosso e veder fermare la pallina sul numero-o-o-o-o...NERO!-)
Così, in quell'atrio scommettevamo le nostre speranze puntando su quelle porte: Rosso o  Nero.
...please, hold on...